lunedì 6 maggio 2013

COME LO VEDO IO. BLU NOSTALGIA.

Il giorno prima del ritorno. Occhi sognanti, sorrisi trattenuti e felicità nel cuore. E un incontro. Un uomo… Non bello, non giovane, non allegro. Figlio di figlio di emigranti, i ricordi del nonno, un sogno nel cuore: ITALIA!
Mi racconta la storia di questo suo, ormai lontano parente (potrebbe essere nonno a sua volta!): la guerra, pochi soldi e tanti sogni. La famiglia che cresce e arriva la possibilità di emigrare: L’AMERICA! Questo signore si arma di forza e bagagli e arriva in Brasile...
La sua storia, dopo quel giorno, è la stessa che per la maggior parte di coloro che hanno fatto questa scelta tanti anni fa: piantagioni di caffè, schiavitù, derisione, nessun diritto.
I ricordi, il sogno di tornare, un giorno, sono stati la sua sola eredità per le generazioni che ha dato alla luce.
Adesso incontro quest’uomo, non bruno, non alto, raggomitolato nei suoi silenzi. Mi cerca.
La lingua non è la stessa ma c’intendiamo. Mi disegna con le sue mani ruvide un computer. “Ho il cellul…” . GOOGLE MAPIS ( qui c’è la “i” in tutto! )! GOOGLE MAPIS! Capisco che ogni giorno, ogni santissimo giorno accende il computer, quello del nipote e cerca. Cerca la città del nonno, in Italia. Conosce ogni strada, ogni singola casa. “Non riuscirei a perdermi nemmeno se mi bendaste”, mi dice.

Pensavo a come si modifica nel tempo l’ idea che abbiamo di un luogo.
Sono in treno, torno a casa. Metà dicembre e le luci sui balconi. Adoro questi colori: il cielo che si sfilaccia d’azzurro, cobalto e pesca. L’aria è frizzantina, poche gocce sui vetri.
Nel mare d’ulivi neri e neon, a destra (perché mi siedo sempre lì?), ad un tratto la terra s’innalza lievemente, pugno di un bimbo che punta l’indice verso il cielo: il campanile, il mio!
Trecentesco, in stile romanico pugliese, tra i più imponenti e maestosi di Puglia. A Palo, lo chiamiamo "u Spiàunə" (lo Spione). Svetta col suo gioco di bifore trifore e quadrifore nel punto più alto del paese, discreto, un po’ più a sinistra, dove sembra sorvegliare ciò che lo circonda: da qui il suo nomignolo.
A me sembra che voglia essere distinto, come quegli uomini del passato, carichi del peso degli anni ma sempre dritti nel portamento, eleganti a modo loro, cappotto color cammello (‘mah, forse il grigio mi fa più severo’), cravatta in evidenza e giornale sottobraccio.
Sembra un po’ come quei Gesù Cristo impalati sull'altare, che da qualunque prospettiva tu li possa guardare sembrano seguirti con lo sguardo…e lì tu vorresti fuggire a nasconderti, ma no! Non puoi…
Negli anni, di ritorno da più o meno lunghi viaggi in auto, l’ho trovato sempre fedele come una mamma, sempre in vista ad aspettarmi. La stanchezza e una certa malinconia hanno sempre trovato ristoro in quell'immagine lontana e man mano sempre più vicina.
Non puoi sbagliarti, lo vedi, è lì, rassicurante e fermo. Mai avrei pensato che sarebbe diventato il mio nido, il rifugio dei miei pensieri lontani.
Sono nata col suono delle sue campane e mi sposo al suono dei suoi rintocchi: un altro battesimo, una rinascita.
Dolcemente, adesso, la sua immagine mi accompagna a casa, cullata dal vagone e dal suo tepore.

                                                                                                                Lucrezia Amendolora


Foto: Lucrezia  Amendolara

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