Quando sei piccolo e cresci nel territorio selvatico della Puglia, subisci questo effetto. Infatti, è facile innamorarsi di paesaggi, sapori e racconti di un luogo tanto bello quanto difficile. Impressioni che restano intatte nei ricordi fanciulleschi quando, più grande, percorri una strada della campagna emiliana, in una distesa che credi infinita su quella pianura coltivata a erba medica e frumento.
E il paragone diventa automatico, e ti senti improvvisamente disperso e nudo quando ripensi alla tua campagna del sud, movimentata dall’altopiano e squarciata dalle forti radici degli ulivi folti che ti accompagnano nei viaggi tra un borgo e l’altro o verso il mare. Il senso di protezione delle loro chiome maestose sotto cui riposare quando il sole estivo brucia la terra. La poesia serena di una distesa di tronchi scultorei e foglie perlate.
La Murgia è un piccolo scrigno di sensazioni piacevoli, legati al mondo semplice dell’agricoltura e della pastorizia, un luogo di rifugio dai caotici paesini ammassati sulla costa, dove è facile imbattersi in contadini che urlando nelle strade o nelle piazze di mercato, rivendicano le loro dure fatiche e sulle bancarelle espongono orgogliosi i frutti maturi del loro raccolto.
Vivere lontani da questi luoghi lascia vuoti incolmabili. E allora la Murgia diventa il ricordo delle mani di tuo nonno, sempre sporche di terra, quando ti porgeva un cesto di ciliegie, le sue ciliegie rosse che quasi fa male agli occhi guardarle, e vorresti non mangiarle per quanto sono belle. La Murgia è il ricordo dei giri per i campi a bordo di un colorato motocarro, che attraversa vicoli sterrati come un glorioso fuori-strada, e poi la gioia infantile di poterlo guidare da solo, gli ultimi 100 m prima di arrivare a casa, con lo stesso nonno di prima con cui gioisci per essere riuscito nell’impresa. Pareva di aver fatto un lungo viaggio.
La Murgia è una terra incontaminata, dove il progresso conosce i suoi limiti urbani e sa che oltre certi margini comanda la Natura, comandano le pecore che si muovono a larghi greggi, comandano i cani dei pastori che abbaiano chiassosi al passaggio di uno sconosciuto.
Dopo l’infanzia, sei sradicato e portato nella raffinata Parma, poi la spavalda Milano, infine Chicago, imponente coi suoi palazzi alti e snelli e una storia del blues alle spalle: ognuno di questi posti ha delle unicità da raccontare, di cui essere orgoglioso e a cui rimanere riconoscente.
La Murgia invece, resta “bella, d’una sua bellezza acerba, bionda senza averne l’aria..” come direbbe Guccini, bella perché quasi inconsapevole della sua preziosità, tanto da restare umile.
Un’umiltà che ti porti dentro.
Ancora oggi, tornare in Puglia è entusiasmante. Personalmente, mi piace pensare al lungo viaggio che sto per affrontare, lungo la spina dorsale dell’Italia, dal nord verso il posto dove sono nata. Mi piace vedere come cambia il paesaggio italiano sulla costa adriatica che parte da Ancona e scende giù, creando tensione e aspettativa man mano che il giorno cambia colore. E aspetti solo di arrivare lì, in quella terra dominata dagli alberi, a cui pensavi di non appartenere più dopo tanti anni passati altrove.
Lasciare la bellezza cruda di questo luogo mi commuove sempre, ma so che lui, ancora una volta, mi aspetterà.
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