Il sentiero numero tre costeggia la gravina che ripida affonda dalle grotte rocciose, nidi di corvi e rapaci, al verde blu umido di rane.
La luce esibizionista nelle variazioni di sostanza e colore della pietra si ridimensiona scendendo fino a sparire umile tra pozze e verde fitto.
Il gracidare segna il passaggio dall'occhio all'orecchio, tondo canto d'amore t'innamora.
Il sentiero continua. A volte con timidi moti d'orgoglio si allontana dall'ipnotico burrone.
I passi, per quanto attenti, sempre troppo pesanti provocano veloci spostamenti, fughe in buchi più sicuri del mimetismo. Quasi non toccano terra le lucertole vivificate dal primo caldo, tracciano traiettorie sicure che restano per un attimo disegnate nella retina. E quando svaniscono, l'occhio goloso ne cerca di nuove, non sa e non vuole resistere a quest'eleganza istintiva, segno effimero, delicata misura del tempo.
Così un suono tondo e una fuga serpeggiante intrappolano il momento in una poesia minima.
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