lunedì 29 luglio 2013

LUNALBA

Primavera 2013, un agriturismo a Cassano delle Murge. 


Sulla collina c'è una festa.
La gente balla
tu balli
la gente parla
tu parli
poi succede qualcosa: 

il cielo si fa chiaro.




Le stelle, distrazione flebile grazie all'inquinamento luminoso, svaniscono








Rimangono da un lato la luna e dall'altro la luce che cresce.






Tra loro le nuvole che, con un movimento perfetto, gravitazionale, assecondano il nuovo che avanza.

Ed è giorno.










venerdì 12 luglio 2013

IL CANTO ESTIVO DELLA MURGIA



“I greci le salutavano figlie della Terra, e le onoravano emblema della nobiltà autòctona”.
(Giosuè Carducci – Confessioni e Battaglie – San Miniato al Tedesco).

Come tutti gli anni le cicale sono tornate ad abitare le nostre campagne, a renderle meno solitarie e ad accompagnare la luce ed il caldo soffocante dell’estate murgiana. 
Le cicale sono insetti particolari ed unici per il loro canto.
Sono state venerate come doni divini e denigrate come emblema del fannullismo.

“Adà sh’cattè come a na’ c’càle” si dice a chi parla troppo e con poca cognizione di causa, rifacendosi alla diceria che le cicale cantino fino a morire.
Platone diceva che fossero la reincarnazione degli antichi artisti che avevano sacrificato all’arte le proprie vite, dimenticandosi dell’amore e dei bisogni corporali.
Io ricordo tante estati passate a lavorare nei campi, accompagnato dal canto delle cicale che ti culla durante le afose giornate.
Mio padre mi raccontava che da bambini usavano le cicale come sonagli. I bambini, infatti, catturavano più cicale che potevano, riempendone le magliette, per poi portarle in giro scuotendole per farle cantare.
Io, invece, mi ricordo tutte le volte che mi hanno spruzzato in testa quando salivo sugli alberi. Spero non fossi pipì, ma fa poca differenza...
A parte il canto, la cicala affascina per la sua misteriosa doppia vita: da larva vive per un lungo periodo sotto terra, per poi uscire in superficie e spiccare il volo.
Da qui in poi canterà fino alla fine dei suoi giorni.
Il frinire delle cicale è il canto estivo della nostra Murgia.





Foto: Giovanni Bellini con cellulare

domenica 30 giugno 2013

MURGIA CROMATICA

A volte vorrei cinque minuti di recupero.
Io gioco d'azzardo. Con i ricordi.
Vorrei, allora, il potere dell'eternità per quei momenti brevissimi, quegli attimi in cui la Murgia è un territorio del passato.
Qualcosa che non c'è più.
Siamo tutti legati alla nostra terra, qualunque sia. Quell'attaccamento è l'esperienza del tempo passato. A volte.
Mi capita, poco prima di tornare in paese, di essere attanagliato da una sensazione di malinconia. Una visione di quel che è stato in quei luoghi.
Allora vorrei come nel calcio il recupero, un poco di tempo in più. Che è diverso perché è attento e consapevole.
Mi lascio andare. Ed è un tempo parallelo, e chi non c'è più torna ad esserci.
Quelle mattine limpidissime in cui il giorno non aveva preso il sopravvento sulla notte, i colori rarefatti dell'alba.
Ho una successione di odori mattutini, di brina sull'erba, quella che non sembra cambiare mai per tutto l'anno, ho ricordi limpidissimi di uomini a lavoro quando ancora il sole non era padrone della giornata.
La generosità della Murgia è capillare, non si può distaccare questo territorio dal lavoro di chi la abita e dai tantissimi che la violentano con l'uso sempre pronto dello scempio.
La Murgia dà tanto, ma così come la natura in ogni altro luogo, si riprende tutto.
Che bella opportunità è quella di ricordare, che luogo meraviglioso è questo che intrappola in noi la vita.
È lontanissima qui, la ferocia delle grandi città, la velocità insensata. 
Nei rilievi, nella corteccia delle querce, nelle pietre ammassate sapientemente lungo le strade con una cura che non conosciamo più, c'è il carattere che non dobbiamo perdere.
Ci sono annidati, come il DNA nel corpo, i momenti di gioia che non sapevamo di vivere.
E allora datemi i miei cinque minuti di recupero. Che voglio ripensare a mio nonno.




Gaetano Benedetto


Foto: Gaetano Benedetto

mercoledì 26 giugno 2013

CU NOME DE Ddeje!


“Al nome di Dio è bene incominciare
Tutte le cose che l’uom viene a fare:
Intendi, figlio, se vuoi imparare.”
( Schiavo di Bari – “Dottrina”)

Agricoltori e pastori murgiani sono sempre stati in balia degli eventi naturali che potevano rendere proficua una giornata lavorativa o compromettere un’intera annata di raccolto o pascolo. L’uomo della Murgia non poteva, quindi, fare altro che affidarsi alla bontà della mano divina, iniziando la giornata lavorativa nel Nome di Dio.
Così, nel rispetto di questa tradizione, inauguriamo questa sezione con alcuni proverbi e detti che riguardano proprio il rapporto tra religione e vita lavorativa.


A cci crète, / Ddì prevetète.
A chi crede, Dio provvede.

La fatìche della fèste,
trase da la porte e ièsse da la fenèste.
La fatica della festa, entra dalla porta ed esce dalla finestra.
oppure
I arue spruète la ddì de la fèste
Assecchène.
Gli alberi potati nei giorni di festa seccano.
L’utile del lavoro eseguito nei giorni festivi è effimero e non Benedetto da Dio: bisogna santificare le feste.

Come Ddì te la manna,
te l’à da tenè.
Quello che Dio ti manda, accettalo come sua volontà.

Acquànne Criste vole
Fasce la vèsta nove.
Cristo premia sempre i meritevoli.

Disce Sandè Vastiàne:
<<Fatìche cucce ca mange pane>>.
Dice San Bastiano: <<Lavora con diligenza e mangerai pane.>>

Ce Ddi ricche te vole,
ricche te fèsce.
Se Dio ti vuole ricco, ricco ti fa diventare.

Ce jè ‘mbrièche, sèrve Ddi.
Chi è ubriaco serve Dio.
(battuta scherzosa che si rifà al rito della benedizione del pane e del vino).

Ce rit u venerdi’
Chiange la demè’nche.
Chi ride il venerdì piange la domenica. Chi non rispetta gli usi ed i sacrifici religiosi, non ne gode delle feste.

L’anème triste ne i vole ni’ u diàvule e manghe Criste
Le anime tristi non le vuole ne il diavolo e nemmeno Cristo. Rivolto alle persone cattive che spesso vivono a lungo.

Né ciuccie u màise de mèsce
Né fe’mene la semina sande.
Né asini il mese di Maggio né donne la settimana santa.
Gli uni non si toccano perché eccitati nel periodo di calore,
le seconde perché prese dai preparativi per le feste. O per voto di astinenza.

Conoscete altri proverbi o detti?

Giovanni Bellini

Bibliografia utile:
Carlucci – Fiore - Jolis “U mutte ce nan è minze jè tutte”, Ed. Altagusta, Altamura(BA), 1978;
A. Giovine, “Proverbi pugliesi”, A: Martello Editore, Milano, 1970.

lunedì 24 giugno 2013

IL NOCINO DI SAN GIOVANNI

La leggenda narra che per fare un buon Nocino, bisogna  raccogliere le noci fresche, la notte di San Giovanni (tra il 23 e il 24 giugno).
Di seguito la ricetta :

Per l’infusione:
21 noci verdi con il mallo  
due o tre chiodi di garofano
mezza stecca di cannella

un pizzico di noce moscata
la scorza di un limone
alcool a 95° circa 600 ml

Per lo sciroppo:
600 ml di acqua
350 g di zucchero



Tagliate i malli in due o quattro parti a seconda della loro grandezza, metteteli in un grosso recipiente, e ricopriteli di alcool . Chiudete bene il recipiente ed esponetelo
all'aperto, al sole.  
Passati circa dieci giorni, aggiungete i chiodi di garofano, la cannella, la noce moscata e la scorza di limone. Smuovete il recipiente almeno due volte al giorno.
Dopo una quarantina di giorni, il liquido nel recipiente sarà diventato scuro: buon segno!
Ivi giunti, iniziate a preparare lo sciroppo, unitelo all’alcool ancora caldo, ma non bollente, e filtrate bene con una garza. Travasate  il nocino nelle bottiglie e fatelo riposare al buio  per almeno un mese.
Ora finalmente potete sorseggiarlo... Alla salute!





Fonti: 



mercoledì 19 giugno 2013

CON IL PRIMO ROSSO, SU UN'ONDA (GIALLA) ARRIVO' IL RAGNO.


Primavera 2013, campagna di Acquaviva delle Fonti

                                     


Le erbe cresciute in fretta già si seccano.
La loro forza è il numero, il vento non le attraversa, le accarezza.
Ondeggiano di piacere, di pollini in viaggio, di giallo e argento.
Sul sentiero, resistenza marrone della possibilità di passaggio, ti spiano buchi tondi.
Circondati da un ricamo di erbe intrecciate, sono i nidi delle tarantole.
                                 
                                                  






Se c'infili un ramo sottile e lungo potresti sentire la presa del ragno.
Con forza attacca, afferra, l'invasore.
Sfilando lentamente la tua esca puoi portare la tarantola a seguirla, fuori.
E mentre la guardi con curiosità e un po' di timore, sugli alberi laggiù maturano le prime ciliege.



lunedì 17 giugno 2013

UN PASSAGGIO: Murgia-Dubai

Gateway

Accessi di vecchi propositi che investono nuovi sensi estetici, ispirano mondi sconosciuti ed idealizzati.
Persistono nella memoria di pochi, apprezzati dai nuovi occhi decontestualizzati.
Un pozzo, un trullo, un passaggio da una vita domestica a una lavorativa, il segno poetico di una foto.
La luce è da sempre l’unica proprietaria, l’unica che l'attraversa realmente e quotidianamente, non perdendo la ragione per la quale è stata interpellata: da est a ovest adempie con precisione la sua funzione.
Lucertole e ragni occupano le pietre, coinquilini della luce.
Gatti e cani antropizzati annusano, attraversano il passaggio senza sostarvi, e bisognosi gradiscono l’acqua raccolta da un pozzo megalitico non per la sua età ma per le sue fattezze.
In qualsiasi caso resta un passaggio fondamentale per molti e ignorato da pochi poiché è la PIETRA AFFIORANTE, si, questa la categoria a cui appartiene, brividi e colori restano impressi nella retina, capovolti nella camera oscura.
Ovunque tu sia, mal di Murgia.   





                     
Antonio D'Erasmo















Foto: Antonio D'Erasmo